Iconografia del Cammino Neocatecumenale, quarta parte

Ricominciamo, cari lettori e fratelli nella fede, a trattare di iconografia del Cammino Neocatecumenale, dopo un lungo periodo di mia assenza. Trovandoci a vivere questa Quaresima del 2012, non potevo non partire dalle icone più rappresentative del Mistero Pasquale.

ULTIMA CENA

Venuta la sera, egli giunse con i Dodici. Ora, mentre erano a mensa e mangiavano, Gesù disse: “in verità vi dico, uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà”. Allora cominciarono a rattristarsi e a dirgli uno dopo l’altro: “sono forse io?”.

Ed egli disse loro: “uno dei Dodici, colui che intinge con me nel piatto. Il Figlio dell’uomo se va, come sta scritto di lui, ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo è tradito! Bene per quell’uomo se non fosse mai nato!”.

(Mc 14, 17-21)

Figlio di Dio,

rendimi oggi partecipe

della tua cena sacramentale.

Non svelerò il Mistero ai tuoi nemici

non ti darò un bacio come Giuda,

ma come il buon ladrone ti dico:

“ricordati di me, o Signore, nel tuo regno!”

(Tropario della festa)

L’icona presenta il momento in cui Cristo ha appena annunciato agli apostoli che uno di loro lo tradirà. I discepoli si domandano chi sia il traditore. Pietro, che è sempre rappresentato con l’abito giallo, fa cenno a Giovanni seduto vicino a Gesù e poggiato sul petto del Signore, di chiedergli a chi si riferisca dei Dodici. Cristo, unico ripreso a figura intera, risponde: “chiunque ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà”. Il traditore è Giuda, vestito di azzurro e rosso, tonalità brillanti simbolo dell’amore al mondo e alla sua gloria. Il manto nero che avvolge Gesù sta invece a significare la sua prossima passione e morte: è la cupa notte, Cristo entra nelle tenebre del peccato prendendo su di sé tradimenti, inimicizie e rifiuto. Sulla tavola sono presenti i segni dell’Eucarestia: la coppa del vino e il pane. Attraverso l’Eucarestia, ogni cristiano vive la Pasqua di Cristo nel suo viaggio dalla morte alla Vita Eterna. L’Eucarestia è sacrificium laudis, una lode completa di comunicazione con Dio attraverso Gesù Cristo, in cui Dio stesso irrompe nella vita attraverso il passaggio dalla morte alla vita, trascinando con sé l’uomo e tutta l’assemblea riunita in celebrazione.

Nello sviluppo dell’iconostasi, l’Ultima cena occupa un posto di rilievo, si trova sempre al di sopra della porta centrale (Porta aurea o porta bella) attraverso la quale il celebrante distribuisce la comunione: “io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6, 51).

 

CROCIFISSIONE

Essi allora presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Gòlgota, dove lo crocefissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù nel mezzo.

Pilato compose anche l’inscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: “Gesù il Nazareno, il re dei Giudei:”

(Gv 19, 17-19)

  

Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “ecco la tua madre!”. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.

(Gv 19, 26-27)

La croce è l’albero della vita piantato sul Calvario. Il piede della croce poggia su una caverna nera dove la leggenda vuole che riposi la testa di Abramo. Il Gòlgota è infatti il “luogo del cranio”. Nel progenitore tutta l’umanità è bagnata dal sangue di Cristo che è segno di redenzione. Sulla croce Gesù reclinerà il capo nella volontà del Padre; le sue braccia aperte sono segno della sua totale donazione. Maria e Giovanni sono ai piedi della croce. Maria tende la mani in segno di accoglienza: con Giovanni siamo accolti anche tutti noi. Maria, che ha portato dentro di sé il Figlio di Dio, ora “porta” l’intera umanità di cui diviene Madre. La testa abbassata e gli occhi socchiusi sembrano ripetere ciò che disse all’angelo dell’Annunciazione: “ecco la serva del Signore, si faccia di me secondo la tua parola”. Alla Vergine, piena di dolore, “torre trapassata”, Cristo dice: “Donna, ecco tuo figlio”.  Dietro la croce, un alto muro merlato rappresenta le mura di Gerusalemme. Gesù, uomo dei dolori su cui ricadono tutti i peccati dell’umanità, agnello condotto al macello, ha donato la sua vita fuori dalla città, trasformando in tempio divino il suo corpo crocifisso per amore. Cristo ha sofferto fuori le mura della città e invita i credenti a seguire lui a “non avere una città stabile”. Cristo, sulla croce, non ha perso nulla della sua maestà regale, dice S. Giovanni Crisostomo “Lo vedo crocifisso e lo chiamo re”. In lui si compie la parola del Vangelo: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. (Mt 8,20). Egli poserà la sua testa sulla croce, nella volontà di Dio così come i  cristiani.  Romano il Melode nei suoi Inni immagina Gesù dall’alto della Croce si rivolga a sua madre dicendo: “…Madre, aquieta il tuo dolore (…) non lasciare che il giorno della Passione possa apparire giornata amara, perché io, la dolcezza, sono disceso dal cielo come la manna: non come una volta sul Sinai, ma nel tuo seno (…) comprendilo, santa, sono io, il Verbo che si è fatto carne. In questa carne io soffro, ma in essa, pure, io opero la salvezza”.

DISCESA AGLI INFERI

 

Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà la risurrezione dei morti, e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo.

Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo, poi sarà la fine, quando Egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza. 

(1 Cor 15, 21-22)

  

Oggi nel mondo è apparsa la salvezza

cantiamo colui che è risorto dalla tomba,

Cristo Dio che dona la vita!

Distruggendo la morte con la morte

ci ha donato la vittoria e la sua misericordia.

(Tropario pasquale del mattutino)

Nel silenzio del Sabato Santo, sulla terra è giorno di dolore, ma agli inferi è già Pasqua. Cristo vi discende come il sole che dissipa per sempre le tenebre della morte. La Resurrezione, nella tradizione dell’icona, è raffigurata mediante la discesa di Gesù in veste sfolgorante nella profondità dell’Ade, cioè negli inferi, nell’atto di scardinare le porte e le sbarre della morte. Il risorto tende la mano liberatrice ai progenitori della stirpe umana, mentre intorno sono riconoscibili i giusti dell’Antico Testamento.

Cristo ha attraversato la morte, simboleggiata dal cerchio nero, afferra Adamo e lo attira a sé; di fronte ad Adamo si trova Eva, la madre di tutti i viventi, anch’essa tende le braccia verso il salvatore, ma le sue mani sono coperte perché toccarono il frutto proibito. Cristo Re ha veste dorata, risplendente della gloria divina e intorno a lui sono presenti le raffigurazioni dei profeti e dei giusti che attendono il salvatore. Alla sinistra: il re Davide, Salomone e Daniele con il copricapo di foggia babilonese. Più vicino a Gesù, Giovanni il Battista ripete il suo gesto di testimone. Alla destra Mosè con le tavole della legge, Abramo dal volto rugoso e Noè con le vesti screziate dei colori dell’arcobaleno, testimoni dell’Alleanza.

Cristo liberatore annuncia il Vangelo: ogni cristiano partecipa di questa azione redentrice che è estesa e che si realizza per tutti coloro che, in questo mondo, sono nelle tenebre e nell’ombra della morte.

 

Per oggi ci fermiamo qui. Alla prossima settimana!

La Pace

 

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