Il Seminario Redemptoris Mater di Perth, Australia

Bene, terminata la presentazione, in linea generale, dei caratteri del seminario Redemptoris Mater di Perth, vediamo di approfondirne alcuni aspetti strutturali che lo rendono unico.

Il 19 luglio 1988, l’Arcivescovo Hickey ha celebrato l’Eucaristia nel nuovo Santuario della Parola ponendo il Santissimo Sacramento per la prima volta nel Tabernacolo. In questa occasione quattro seminaristi hanno ricevuto il ministero del lettorato e tre il ministero della accolitato.

Il 31 maggio1997 è stata benedetta la prima pietra del santuario della Parola dall’Arcivescovo Barry James Hickey, in presenza di tutte le persone coinvolte nella progettazione e costruzione del primo nuovo edificio del Seminario. Erano presenti i catechisti,  gli educatori, i benefattori e coloro che partecipano all’annuncio del Vangelo e alla diffusione della Parola di Dio  nell’opera di evangelizzazione in tutta l’Australia, e non solo.

Erano presenti i Catechisti Responsabili Nazionali d’ Australia: Totò e Rita Piccolo, padre Vicente Martin e Stephen, con il Rettore  P. Michael Moore SM e il Vice Rettore  P. Eric Skruzny.

Arcivescovo Hickey

P. Vicente e Totò Piccolo con il signor Ted Peters e la moglie, architetti del Santuario della Parola.

P. Michael con il signor Michael Lalli e la moglie.

Il 9 luglio 1998  Mons. Robert Healy, vescovo ausiliare di Perth, benedice il nuovo Santuario della Parola.

 

Il Santuario della Parola, detta anche “Yeshiva” è una novità per i seminari e costituisce parte integrante del complesso edilizio. E ‘importante perché il sacerdote è chiamato ad essere un uomo della parola, non della sua parola, ma di quella di Dio. In classe non ci si prepara solo ad una conoscenza scientifica della Parola, ma in questo luogo ci si avvicina alla Parola ad un livello più spirituale. La parola viene esaminata al fine di aiutare i futuri sacerdoti a spezzare il pane della Parola per le necessità di una generazione affamata.

Archi:  La sala principale del Santuario è interrotta da tre archi che la separano da un’altra area più piccola. In architettura, gli archi fanno riferimento alla gloria, e quindi in questo caso alla gloria di Dio. Il loro numero come una unità ci fanno pensare alla Trinità.

 

 

 

Parete di marmo e Tabernacolo: oltre agli archi, la parete è di marmo massiccio, dal pavimento al soffitto, di travertino romano. Santa Teresa ha detto: “Ciò che ci separa da Dio è un muro”. Al di là del muro c’è la vita. La Rivelazione ci dice infatti che c’è una porta per l’aldilà, da qui la forma del tabernacolo.

Il tabernacolo costruito in forma di  porta suggerisce che in questo muro di separazione c’è una apertura. Aprendo le grandi porte di ottone incontriamo due delle “presenze” di Nostro Signore Gesù Cristo: le speci eucaristiche nel tabernacolo e la Sua Parola, sotto forma di Scrittura, sulla mensola superiore. La porta verso il Padre nei cieli è suo Figlio Gesù Cristo.

La Bibbia è rivestita in argento, oro e pietre preziose. Esse si riferiscono alle dodici pietre dell’Apocalisse su cui si basa la nuova Gerusalemme, cioè i dodici Apostoli. La Bibbia non deve essere lasciata scoperta e dovrebbe avere un posto d’onore. Il Talmud, per esempio dice: “se vedi la Scrittura cadere, un giorno di digiuno si impone.”

 

I troni: I sedili, realizzati nel legno dell’Australia Occidentale, Jarrah, sono troni perché il trono è sempre il luogo utilizzato da un re. La scrittura, infatti, ci fa re. Il trono è utilizzato anche da un giudice, per giudicare, perché lo studio della Scrittura, ci rende anche giudici, in senso scritturale. Infatti dice la Scrittura che voi giudicherete la terra e noi giudicheremo gli angeli e le nazioni. I troni ci ricordano che lo studio della Scrittura ci fa re e giudici. Uno si accorge che il trono ci isola un po’ dall’altro. Tu non siedi in panchina con il tuo vicino, ma sei solo.

Bemà e Roveto Ardente

Bemà:  Di fronte al Tabernacolo si trova l’imponente struttura chiamata Bemà. Anch’esso è fatto di legno locale Jarrah, è il luogo in cui si canta e si proclama la Parola. Nei riti orientali, per amore del Verbo divino, la Scrittura è sempre cantata, anche perché la vita di Cristo è sempre stata vista come un cantico alla volontà del Padre.

Lo spazio intermedio: I troni sono stati posizionati in modo particolare che consente un corridoio centrale e  visibilità. Il fatto che la prima fila sia ad un gradino inferiore aiuta ogni persona ad essere visibile agli altri. In mezzo c’è un corridoio. Questo spazio intermedio ci ricorda l’episodio nel giardino di Eden.

Il Signore è lì nel giardino dell’Eden, alla brezza del giorno, quando chiede  ad Adamo: “Dove sei?” Quello che facciamo nel Santuario è camminare all’interno della Scrittura.  Quando ci incontriamo qui, il Signore è di nuovo in mezzo a noi e chiede a ciascuno di noi: “Dove sei oggi?” , “Qual è la tua situazione di vita?”, “Perché soffri?”, “Cosa stai nascondendo?”.

 

Molte persone oggi sono lontane dalla Parola di Dio. Chi vive ne peccato si nasconde, proprio come Adamo ha fatto e non vuole ascoltare il suono del Signore che cammina nel giardino. I seminaristi  si riuniscono qui nel Santuario una volta alla settimana per la liturgia formale del “camminare all’interno della Scrittura”, chiamata “scrutatio”. Essi sono anche incoraggiati a venire da soli e ad avere un tempo personale con il Signore nella Scrittura.

 

Roveto Ardente  La finestra Orientale è conosciuta come il Roveto Ardente. Ci ricorda le esperienze di Mosè in Egitto. In primo luogo Dio gli appare per la prima volta nel deserto del Sinai nella fiamma di un roveto ardente, che non si consuma e gli dice che la terra sotto i suoi piedi è sacra. Più tardi, di nuovo sul monte Sinai, Mosè doveva ricevere il dono dei Dieci Comandamenti, o meglio, le Dieci Parole di Vita, la Torah.

Un esemplare preso dal Monte Sinai è stato inserito nella prima pietra e può essere visto  lasciando il Santuario.

Entro la pedagogia della Neocatecumenale appare, fin dall’inizio, un elemento fondamentale per accompagnare il catecumeno nella riscoperta del Battesimo: la Croce.

 

Kiko Arguello, fondatore della comunità neocatecumenali, ha disegnato una croce per le celebrazioni che verrà chiamata tra i catecumeni, “Croce Gloriosa”. Kiko, come un artista, ha dato al segno dell’identità il ruolo più importante della cristianità, in una catechesi che andiamo ad approfondire. Nel cammino neocatecumenale vi è una particolare cura dei segni, perché tutti devono essere, per chi guarda, un riflesso dell’amore di Dio per l’uomo. Pertanto non si può sottovalutare il valore e il significato di alcuni elementi delle nostre celebrazioni. Ignorare questo significato, equivarrebbe a perdere l’opportunità di partecipare più direttamente al Mistero dell’Amore cristiano: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 13,34). Ma come abbiamo amato il Signore? “Quando eravamo nemici» (ROM.5, 6-10). Vediamo che cos’è questo mistero.

 

La base della croce presenta tre serpenti che morsero gli Ebrei nel deserto e a Mosè fu poi detto di alzarne uno in modo che, chi lo guardava dopo essere stato morso, non sarebbe morto.

 

La Croce con Alfa e Omega sui bracci, il triangolo che racchiude il “Tau” che rappresenta la Trinità in alto e in basso, simbolo del pane.

Sul retro della Croce c’è l’immagine di Maria, la Madre di Dio che sta ai piedi della croce mentre Gesù sta morendo.

Il carro di fuoco del Libro di Ezechiele che simboleggia i quattro Vangeli e l’Evangelizzazione ai quattro angoli della terra.

Il volto di un uomo: il Vangelo di Matteo

Il volto di un leone: Il Vangelo di Marco

Il volto di un’aquila: il Vangelo di Giovanni

Il volto di un bue: il Vangelo di Luca

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