Approfondimento: Architettura e spazi liturgici a Scandicci, 4° parte

I dipinti della Chiesa

Concludiamo il nostro approfondimento sul complesso di S. Bartolomeo in Tuto a Scandicci, analizzando, brevemente, tutto il tessuto iconografico.

<< … Noi intendiamo custodire gelosamente intatte tutte le tradizioni ecclesiastiche, sia scritte sia orali. Una di queste, in accordo con la predicazione evangelica, è la pittura delle immagini, che giova senz’altro a confermare la vera e non fantastica incarnazione del Verbo di Dio, e ha una simile utilità per noi. Infatti le cose che hanno tra loro un rapporto di somiglianza, hanno anche senza dubbio un rapporto scambievole di significato. Noi definiamo … che a somiglianza della preziosa e vivificante croce, le venerande e sante immagini sia dipinte che in mosaico o di qualsiasi altra materia adatta, debbano essere esposte nelle sante chiese di Dio, nelle sacre suppellettili, nelle vesti, sulle pareti e sulle tavole, nelle case e nelle vie; esse siano l’immagine del Signore  e Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo, o quella della Immacolata Signora Nostra, Santa Madre di Dio, degli Angeli, degni di onore, di tutti i santi e pii uomini. Infatti quanto più continuamente essi vengono visti nelle immagini, tanto più quelli che le vedono sono portati al ricordo e al desiderio di quelli che esse rappresentano e a tributare ad essi rispetto e venerazione. Non si tratta, certo, secondo la nostra fede, di un vero culto di adorazione, che è riservato solo alla Natura Divina, ma di un culto simile che si rende all’immagine della preziosa e vivificante croce, ai santi evangeli e agli altri oggetti sacri, onorandoli con l’offerta dell’incenso e di lumi, com’era uso presso gli antichi. L’onore reso all’immagine passa a Colui che essa rappresenta; e chi adora l’immagine, adora la sostanza di Chi in essa è riprodotto … >> ( II Concilio di Nicea, 787)

La nostra anima, la nostra fede hanno bisogno di immagini. I poveri hanno bisogno di immagini e la bellezza che ci arriva mediante l’arte figurativa è segno dell’amore di Dio per noi.

Di fatti lo stesso linguaggio della Chiesa è un linguaggio sacramentale: segni sensibili, fisici che trasmettono la grazia che simbolizzano. Dio, nel suo disegno, ha costruito una storia con un popolo, un popolo concreto, una storia di salvezza che viene, così, narrata tanto dai vangeli, dagli scritti, quanto dalle immagini.

Così si realizza, in Scandicci, questa nuova dimensione estetica, fatta di icone.

L’alta cintura ottagonale, che circonda nella parte superiore tutta la grande sala della Chiesa, rappresenta il cielo. E’ stata dipinta con immagini ispirate dall’iconografia della Chiesa d’Oriente e fa da corona all’Assemblea, unendo Cielo e Terra. Dio è presente in mezzo al suo popolo. I dipinti rappresentano i vari momenti del mistero pasquale. Il Concilio Vaticano II mira a rafforzare il ruolo delle  figure simbolico- sacramentali nella Liturgia. “Le immagini sacre nelle nostre chiese e nelle nostre case sono destinate a proteggere e nutrire la nostra fede nel mistero di Cristo.  Attraverso l’icona di Cristo e le sue opere di salvezza, è Lui che noi adoriamo” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1192).

Le icone, opere di Kiko Argüello, sono state realizzate tra il 1984 e il 1998 su muro. Per mantenere a lungo i colori, è stata ideata una nuova tecnica preparando la corona della Chiesa con “stucco romano , composto da polvere di marmo e calce. I colori, di terre di ossido di ferro e minerali vari, sono agglutinati con olio di lino cotto ed essenza di trementina, affinché vengano assorbiti dal muro e ne diventino parte come negli affreschi.  Foglie di “Pan d’oro zecchino” circondano i dipinti e li uniscono in una striscia ininterrotta di luce. L ‘oro, usato nella iconografia orientale, rappresenta la luce emessa dalla presenza di Dio, che si è reso visibile nel tempo. Il centro del ciclo pittorico è il Cristo Pantocrator, che, rivestito della sua gloria divina, torna alla fine dei tempi a giudicare la terra, Lui è kìrios , Signore della storia. Alla sua destra è rappresentata la vita terrena di Cristo e alla sua sinistra la vita celeste. Ogni icona misura m. 4,20 di lunghezza per m. 3,30 di altezza, eccezion fatta per la Trasfigurazione, il Cristo Pantocrator e l’Apparizione di Cristo Risorto, dipinti sui lati brevi della corona ottagonale, che misurano m. 4,70 per m. 3,30

Il pittore di icone (immagini sacre) non imita, non rappresenta. Sostanzialmente rimuove il velo. Tira giù il muro di separazione, pone in comunicazione “questo e l’altro mondo”. L’icona cattura la presenza di Dio. Si potrebbe dire che è una teologia visibile, contribuisce alla preghiera e alla contemplazione. L’iconografia nasce con Cristo, icona del Padre Invisibile, ed è incentrata nell’Incarnazione di Cristo. Cristo ristabilisce nell’uomo l’immagine di Dio che il peccato aveva oscurato, di modo che l’uomo trasformato fa della sua immagine l’icona più viva di Dio. L’arte sacra dell’icona non è stata inventata per e dagli artisti, ma è un istituto che viene dai Santi Padri e dalla tradizione della Chiesa (II Concilio di Nicea).

Esprime la visione della Chiesa, come la Chiesa contempla il mistero di Dio e la Sua Incarnazione. Le figure hanno un’apparente rigidità che, per altro verso, manifesta il potere interiore. La prospettiva è “inversa”: è l’icona che ci guarda. Mentre nell’arte profana il quadro ha una leggera concavità che invita l’osservatore a penetrare nell’opera con lo sguardo, in queste pitture, al contrario, la loro naturale convessità indica che è il Cielo che annuncia un evento a colui che guarda.  Sopra le icone non c’è mai una fonte di luce, perché la vera luce, Dio, è il suo soggetto.
L’icona descrive lo sconcertante amore reciproco, l’amore folle di Dio per l’uomo e, come risposta, la passione dell’uomo per il suo Dio. Tu, che la mia anima ama. E’ il desiderio  pre-eterno di Dio di farsi uomo in modo che l’uomo si faccia Dio. L’icona ci offre così di contemplare il mistero di Dio” (P. Evdokimov).

I vescovi italiani segnalano “la necessità di comunità cristiane che divengano sempre più scuole permanenti di fede ” (La Chiesa in Italia e le prospettive del Paese, n 19).

Papa Giovanni Paolo II (Catechesi tradendae, n. 24) parlava, sempre a proposito delle comunità cristiane, della responsabilità di fornire una formazione per i propri membri e di accoglierli in un ambiente dove possano vivere più pienamente quello che ricevono. L’esperienza ha insegnato che la vita della comunità ecclesiale, soprattutto quando si manifesta in piccole comunità o gruppi, è uno strumento importantissimo per la ricostruzione del tessuto sociale.

Questo centro è costituito da spazi liturgici (Chiesa, Santuario della Parola, ecc.), catechetici (salone, sale per la vita dei gruppi e delle piccole comunità cristiane, ecc.) , spazi specificamente dedicati alla testimonianza (piccoli camere per l’alloggio, una mensa e un centro Caritas, ecc.), tutti armoniosamente riuniti in un progetto che si presenta all’avanguardia nel campo della necessità, avvertita da tutti, di far crescere la qualità della vita urbana di Scandicci. Il centro è presentato anche come sito della Divina Provvidenza che mostra la sua benevolenza in questa generazione.

Termina così l’approfondimento su Scandicci.

Spero che questa nuova estetica tocchi il cuore di tutti e ci spinga, sempre più, ad amare il Signore e ad avere “zelo per la Sua casa” (Sal 69,10).

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One comment on “Approfondimento: Architettura e spazi liturgici a Scandicci, 4° parte
  1. veramente molto ma molto soddisfacente come approfondimento.. ha dato risposta a molte mie domande e perplessità in particolare sul luogo da dove viene proclamata la parola…molto bello

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